Stop riarmo, no alle basi militari

La corsa al riarmo, oltre a sperperi di fondi, sta provocando un peggioramento della crisi climatica ed ambientale. Come già da anni spiega l'International Peace Bureau nello studio Demilitarization for deep decarbonization” il raggiungimento di zero emissioni è possibile solo se si dismette la produzione e l'uso di energivori sistemi d'arma (un carrarmato fa 1 tonnellata di CO2 ogni 100 km, e un cacciabombardiere 40 tonnellate di CO2 ogni ora!). 



Senza parlare del rischio sempre più vicino e drammatico di una guerra nucleare. Nel mondo c'è un arsenale nucleare di circa quattordicimila testate di ultimissima generazione, capaci di distruggere definitivamente la vita sulla terra. Per questo tantissime associazioni ambientaliste e pacifiste in tutto il mondo si sono unite nel sostenere l'ICAN, la campagna per rendere illegali le armi nucleari e spingere gli stati a sottoscrivere il Trattato Onu di messa al Bando della Armi Nucleari (TPNW). Un trattato che l'Italia (opsitando almeno 150 bombe atomiche nelle basi di Aviano e Ghedi), non ha firmato. Così come non lo hanno firmato tutti i paesi Nato, la Russia e le potenze nucleari. Un trattato firmato da 86 paesi che non detengono armi nucleari, per lo più dal Sud del Mondo.

L'interesse della gente verso la tematica del riarmo è crescente, soprattutto se questo implica sfregio ambientale e dispendio di soldi pubblici, come dimostra la grande mobilitazione contro la decisione di costruire una base militare nel parco San Rossore in Toscana, con i soldi del PNRR: 440 mila metri cubi di cemento (villette, poligoni di tiro, pista per elicotteri...) si riverseranno sull'area protetta, senza possibilità di obiezioni da parte del Parco, visto che si tratta di “opera destinata alla difesa nazionale”.

Una petizione su Change.org ha sorpassato in pochi giorni le 80 mila firme. Come spiega Rossella Catanese, assegnista di ricerca e docente di Cinema presso l’Università degli studi di Udine che ha "lanciato" la petizione:

"Con questa petizione ho intercettato il malessere e la protesta di tanta gente contraria all'aumento delle spese militari. Quando si parla di armi e di devastazione ambientale la gente è molto sensibile, capisce che è a rischio immediato la sopravvivenza. Oltre a devastare l'ambiente, si riducono le risorse che avrebbero dovuto invece sostenere i cittadini dopo due disastrosi anni di pandemia."

Una zona, quella intorno a Pisa, non nuova a devastazioni ambientali causa strutture militari, come spiega Franco Dinelli, di Pax Christi: "solo quattro anni fa fu rafforzata una linea ferroviaria militare vicino Camp Darby, la più grande base logistica americana fuori sede, e 1000 alberi sono stati abbattuti. Otto anni fa l'allargamento dell'areporto militare, a scapito della natura e del suolo." Associazione ambientaliste, comitati locali, assocazioni pacifiste unite contro questo scempio, ma invano.

"Speriamo che questa volta qualcosa si possa fermare" aggiunge Rossella "Credo molto nel potere della parola. Cinquantamila firme possono dare la misura di una mobilitazione della cittadinanza contro delle scelte che violano statuti e principi a cui evidentemente crediamo in tanti."

Ma, come ricorda Dinelli:"la comunicazione è importante, ma per poter avere un qualche effetto, soprattutto di fronte a decisioni prese dall'alto e blindate da motivi di "sicurezza nazionale", le petizioni da sole non bastano, occorre anche un presidio costante e manifestazioni sul territorio".



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